la moda come atto vendicativo e sovversivo

la moda come atto vendicativo e sovversivo

È un dato di fatto, le passerelle e la moda servono a posizionare messaggi, dare qualcosa di cui parlare, generare dibattiti sociali, quindi non è un’industria che chiude un occhio sui problemi del momento. Nelle ultime settimane al MET GALA c’è stato uno scalpore di fronte ai messaggi associati a: parità di genere, femminismo, tasse, persino il conflitto in Medio Oriente.

Dal criticato e commentato abito della deputata Alexandria Ocasio Cortez che dice “tassate i ricchi”, all’outfit total black di Kim Kardashian, la moda è il veicolo per posizionare slogan.

Molti consumatori comprano anche guidati dalle filosofie dei diversi marchi, dai loro valori e dalle cause che sostengono – o non sostengono. La moda è spesso l’altoparlante che le minoranze usano per commentare e portare in primo piano messaggi importanti.

Ecco uno sguardo alle cause che le principali case di moda del mondo hanno portato sul tavolo nelle loro ultime collezioni:

Jeremy Scott: boicottare le fake news.

Scott, alla guida di Moschino, ha messo in pausa la palette multicolor del marchio per far leva sul messaggio nei toni del bianco e nero delle sfumature dei giornali stampati nel mondo, utilizzando lettere bianche su capi neri come titoli che segnalano tragedie, scandali o caos, alludendo ai termini più ricercati sul web prodotto di tutto ciò che si fa in rete per un click. Lo stilista ha voluto mettere la lente d’ingrandimento su questo delicato argomento, la disinformazione e l’abuso di fake news per generare ansia e matrici di opinione.

DIOR: La sorellanza è globale

Il femminismo e la sorellanza sono qui per restare, al di là di un trending topic, la parità di genere è il tema centrale delle recenti collezioni della ditta DIOR, che ha utilizzato le ultime passerelle per posizionare attiviste, artiste, cantanti, scrittrici e artigiane.

Gucci: My body my choice

Il modo più ovvio per rivendicare il diritto delle donne di decidere cosa fare del loro corpo è quello di mettere su un vestito l’intero sistema riproduttivo femminile, trasgressivo e molto evidente. Gucci cerca di fare un gesto piuttosto punk, soprattutto nel momento in cui l’ha fatto. Alessandro Michelle, il direttore del marchio, si è dedicato a usare la sua passerella come spazio per parlare di ciò che conta e fa tendenza, al di là dell’imposizione degli stili.

Ma se parliamo di stilisti ribelli, punk e con una filosofia pro diritti umani, pro ecologia, ambiente e minoranze, la regina è Vivianne Westwood, conosciuta per i look iconici di Sex and the city, la stilista mette le sue passerelle al servizio di chi ne ha più bisogno, sapendo che i suoi abiti e le sue sfilate generano centimetraje nella stampa tradizionale e titoli su internet, lei è molto chiara su come mobilitare quell’attenzione per cause giuste.

Diteci, cosa ne pensate di questo tema, pensate che la moda debba essere separata da polemiche e dibattiti, usate capi con messaggi per l’attivismo?

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